lunedì 11 febbraio 2013


In queste settimane ho partecipato a svariati incontri, in gran parte intervenendo sul tema dei diritti. Tema centrale, ovviamente, che mi sta a cuore e mi appassiona. 
Ho pensato però che nel dibattito di questa campagna elettorale mi sarebbe piaciuto parlare anche dei doveri: in primo luogo perché gli uni (i diritti) sono privi di contenuto e, sostanzialmente, restano scritti sull'acqua in assenza degli altri (i doveri).
In secondo luogo perché credo che saremo un paese diverso quando come cittadini, lavoratori, genitori e, insomma, come individui facenti parte di una comunità impareremo a imporre a noi stessi e a pretendere dagli altri che la prima regola sia per tutti quella di fare il proprio dovere, di rispettare le regole, di non trovare giustificazioni o attenuanti per furberie, favori, sciatteria o menefreghismo.
Infine, perché ho accettato di candidarmi e, quindi, pochi o tanti che siano i voti, ci saranno delle persone che indicheranno me perché li rappresenti in una istituzione. 
Ecco, secondo me, noi tutti, che siamo stati così presuntuosi da chiedere alle persone di darci fiducia, al di là di ogni facile inseguimento del forte vento dell'antipolitica, dovremmo impegnarci a svolgere il nostro mandato, se eletti, anteponendo sempre e comunque l'interesse generale al nostro, con spirito di servizio, come se si trattasse, semplicemente, di fare il nostro dovere. 
Il privilegio, l'unico, dovrebbe essere quello di avere la responsabilità di lavorare nell'interesse della collettività.
Il che basta e avanza.

1 commento:

  1. Condivido la finalità e apprezzo lo sforzo ma sono convinto che in generale pretendere dagli italiani il rispetto delle regole resta ancora una missione impossibile. Se vinciamo noi, forse tra qualche generazione. Se vincono i padani e i briganti pidiellini mai.

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